Vorrei un uomo per bene. Anzi, una donna

Venghino signori, venghino: un altro giro di giostra. Ma non immaginate cavallini colorati e piccole astronavi, diligenze in miniatura e areoplanini vintage, tutti lì a girare in tondo, sotto il tendone a tinte pastello, nella musica da carillon inizio Novecento. No, la giostra non è quella. Dimenticate la poesia romantica e infantile di quei giri sempre uguali, ma sempre diversi, in cui la fantasia ci faceva aspettare che l’areoplanino da un momento all’altro spiccasse il volo o che la diligenza si imbattesse in un gruppo di indiani con le piume al vento. Reset.

Questa giostra gira a vuoto, nel rumore di una cagnara di voci che si rincorrono, rimbalzando l’una sull’altra in uno stridore cacofonico. Al posto dei cavallini, maschere di cartapesta che, svuotate dell’anima sostituita dalle fattezze del ruolo, continuano a girare in tondo, quello sì. Nessuna via d’uscita. Sempre gli stessi passi, lo stesso giro. Lo stesso nodo che, a ogni passaggio, si stringe.

A poco più di un mese e mezzo dalle elezioni amministrative destinate a rappresentare uno spartiacque unico, lo scenario della politica senese è questo. Un palcoscenico dove si esibiscono, in proporzione, più candidati che elettori – a oggi ne contiamo almeno sei, ma presto saranno sette. E dove il partito di storica maggioranza, il PD, continua il balletto dei nomi senza nessuna reale intenzione di sciogliere le riserve su quale candidato sindaco gettare nella mischia.

Gli altri – gli altri sei, o sette – guardano ciò che accade e intanto urlano che così non si fa, si urlano l’uno con l’altro, tutti contro tutti. Intanto il PD continua ad agitarsi in un mezzo a un travaglio che qui non ha mai vissuto, dilaniato da posizioni interne che spingono ora per le primarie (obbligatorie per statuto, in verità), ora per un candidato ‘di prestigio’ (ma chi lo decide il prestigio?) che plachi gli animi e ricucia una coalizione che non ne può più.

Tutto intorno una città, attonita, continua ad aspettare questo nome come se aspettasse di vedere arrivare il salvatore. Perché di questo ha bisogno oggi Siena, di un salvatore.

E pensare che sarebbe stato così facile. Dopo un anno di commissariamento avaro e legnoso, il detonante scandalo MPS, quello (precedente) dell’Università, in pieno ciclone mediatico e sotto la lente degli osservatori nazionali, sarebbe stato facile trasformare questa piccola città ferita e delusa in un laboratorio vincente di buona politica. Sarebbe stato facile dare vita a un modello sperimentale, a un progetto di cambiamento così rivoluzionario e innovatore che altro che i grillini in Parlamento.

Per mesi ci siamo chiesti in quale cantina, in quale salotto borghese, in quale caffè notturno si incontrassero coloro che avrebbero cambiato la politica cittadina. Coloro che avrebbero deciso di presentare un’alternativa. Tanto ci siamo impegnati a cercarli, scovarli, individuarli che forse nessuno si è preso la briga di esserlo. Di diventare lui stesso l’alternativa. Adesso mancano davvero pochi giorni, il cappio al collo della città si stringe pian piano che ci avviciniamo alla fine di aprile, termine ultimo per la presentazione delle liste. Ma c’è ancora tempo.

Ecco perché oggi vorrei un uomo per bene.
Vorrei un uomo senza legami con i partiti attuali, né  con il ‘groviglio armonioso’ – detestabile calzante definizione – che ha disegnato la Siena di ieri e di oggi. Un uomo con una formazione manageriale per rendere efficiente e razionale l’organizzazione, ma con una visione etica e sociale che gli rammenti sempre di agire nel bene della ‘cosa pubblica‘. Vorrei un uomo che desse importanza alla cultura, ma sul serio, non a chiacchiere; con un progetto concreto per rilanciare quello che di migliore e di invidiato offre il nostro territorio, valorizzandolo al punto da farne un polo attrattivo unico, non solo per una gita di mezza giornata, incastrata nel tour tra Firenze e San Gimignano.

Vorrei un uomo con il carisma di prendere decisioni anche scomode, ma l’umiltà di attingere alle tante eccellenze che, nei diversi campi, questa città ha incubato – e spesso fatto fuggire; che chiedesse a loro il contributo libero e onesto per ricominciare a parlare di sviluppo, di prospettive, di futuro.

Vorrei un uomo onesto. Laico. Libero pensatore. Un uomo che ragionasse per punti programmatici e non per schieramenti aprioristici da tifoseria sportiva. Un uomo con figli o nipoti, così che pensasse a loro mentre ascolta le istanze reali della città, immaginando soluzioni con l’unico obiettivo di renderla migliore di come la ha trovata.
Più vera, più viva, più trasparente, più forte, più fiera.

E vorrei un uomo con il coraggio di dire ‘io ci sono, io lo faccio, io mi metto in gioco‘, anziché nascondersi dietro al timore dei veti incrociati, degli accordi laterali, dei vorrei ma non posso, non è colpa mia. Sono convinta che, se si presentasse così, la città in attesa del salvatore sarebbe pronta a mettersi nelle sue mani. A offrire il suo contributo. A credere in un progetto di futuro che oggi non esiste e ad impegnarsi per realizzarlo. Perché mai come oggi Siena ha bisogno di correre un rischio; il rischio di far saltare il banco, di rimettere tutto in gioco, di smontare i cavallini arrugginiti della giostra e provare a vedere se possono cambiare percorso, smettendo di girare in tondo.

Sì, vorrei un uomo per bene. Anzi, vorrei una donna. Così potremmo toglierci pure la soddisfazione di dimostrare al Presidente Napolitano che anche tra le donne possono esserci dei ‘saggi’.

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