Volevo scrivere un post sulla vittoria della Mens Sana basket che, ieri sera, sul parquet del PalaTiziano di Roma ha conquistato l’ottavo scudetto della sua storia, il settimo consecutivo. Ma mi sono accorta che tutto quello che avevo da dire, lo avevo già detto. Questa mattina. Sull’edizione de La Nazione che è in edicola. Allora, eccezionalmente, lo riposto qui.
Spesso per dire cose importanti bastano poche parole. Nella notte dell’impresa che entra nella storia biancoverde è Daniel Hackett a regalarle, a caldo, dai microfoni di RaiSport nell’immediato post partita. «E’ una vittoria importante soprattutto per Siena che ha vissuto un anno difficile» si lascia andare il campione mensanino. E le sue parole entrano nel cuore dei tifosi — a cui sono certamente dedicate — ma non solo. Entrano nel cuore di tutta Siena e forse anche di chi Siena la guarda ogni giorno, da fuori. Chi l’ha guardata, soprattutto negli ultimi mesi difficili, ricercando in lei il seme ‘marcio’ di qualcosa che non funziona più. Di un ‘gioco’ che si è rotto.
Anche il ‘gioco’ della Mens Sana doveva essersi rotto. Tagli importanti al budget, l’allenatore capo che lascia dopo sette scudetti consecutivi per cercare gloria all’estero, il secondo che viene promosso in nome della continuità. E poi via i campioni, le stelle internazionali che avevano fatto grande la Mens Sana di questi anni. E’ tutto da rifondare.
Allora si riparte da lì, dal ‘nocciolo’, dagli italiani che restano, con Marco Carraretto, l’inossidabile, che si sobbarca la fascia di capitano perché è uno dei pochi che può portare sulle spalle il peso (e l’esperienza) di tutto quello che è stato fino a oggi. Si riparte da lì, dunque. Si rifonda tutto. Si ricomincia. Con la fatica, con il sudore, certo, come accade sempre nello sport. Ma soprattutto con la determinazione di dimostrare che Siena c’è. Con la voglia di zittire le tante cassandre che hanno già iniziato a intonare il de profundis dell’era biancoverde.
«La Montepaschi non festeggerà lo scudetto a Roma» aveva sentenziato il presidente dell’Acea , Claudio Toti, non più di poche ore fa. E i ragazzi in campo se lo erano sentito ripetere per mesi, da molti addetti ai lavori: la Mens Sana non festeggerà ancora lo scudetto, dicevano in tanti. Infatti, a settembre ha perso subito la Supercoppa italiana, contro Cantù. Segno che le cose non avevano ingranato. Poi ha vissuto una stagione difficile, senza conquistare mai la vetta del campionato. Un’Eurolega forse sopra le aspettative, certo, ma che ha portato via tante energie. Magari troppe. E poi, in un momento cruciale della stagione, anche l’infortunio di Tomas Ress che si abbatte come una tegola.
Ma i ragazzi di Banchi ci credono. Il gruppo cresce, trova il feeling. Allora vince la Coppa Italia, strappando tre gare in tre giorni e inizia il lungo ciclo dei playoff. Quinta testa di serie, con il fattore campo sempre contrario, in tutti e tre i turni. Significa andarsela a sudare soprattutto lontano dal PalaEstra, di fronte ai tifosi ‘ospiti’ che spesso non le mandano mica a dire.
Eppure la magia è insondabile. Non la puoi spiegare. Semplicemente accade. E te la godi. Perché contro il pronostico, contro le cassandre, contro il destino, forse, i biancoverdi dimostrano un assioma semplice: quando conta, la Mens Sana vince. E non vince coi soldi, con il favore arbitrale — come si è scatenato più d’uno — o con i grandi campioni. Vince con la forza del gruppo. E vince costruendoseli in casa, i campioni, come fa proprio con Daniel Hackett che domina i playoff, finendo addirittura da Mvp.
Doveva essere finito un ciclo, ma Siena non è ancora pronta ad abdicare il trono del basket nazionale. Così lotta, combatte, fatica. Non molla di un millimetro e alla fine sorprende (quasi) tutti e si cuce addosso il settimo scudetto consecutivo. Un’impresa. Un record assoluto. «Mai nessuna società come la Montepaschi, fino ad oggi» commentano i cronisti di RaiSport a fine partita, non senza un filo di stupore. E di ammirazione.
Così diventa fin troppo facile trovare gli aggettivi, le iperboli per raccontare il trionfo. Si può attingere a tutto un vocabolario di figure retoriche e superlativi eppure non bastano, ancora, per descrivere l’impresa. E soprattutto la rivincita. Di una città intera che, anche fosse solo per una notte, torna ad essere innegabilmente simbolo di un’eccellenza, di un talento, di una determinazione unica. Di un gruppo che funziona e di una storia che entra nella Storia. Sia pure solo sportiva, per stavolta non importa.
Quando conta, Siena vince.
(foto: www.menssanabasket.it)