Per chi l’ha visto e per chi non c’era

Serena e Francesco sono giovani, stanchi e pallidi, perché quest’estate il mare non lo hanno visto e perché nelle ultime settimane hanno lavorato a capo basso per ore e ore, molte più di quanto ripaghi il loro stipendio (non lo so per certo, ma lo immagino e sono abbastanza sicura di non sbagliare). Ma adesso sono anche emozionati e commossi. Lui fa trapelare un sorriso da quella bocca che fino a un attimo prima era una smorfia di tensione, lei pare asciugare una lacrima sotto gli occhialoni da sole. Si abbracciano. Poi abbracciano gli altri dell’unità operativa.

Roma, via Milano, sede del Mibac, ministero dei beni culturali, venerdì 5 settembre, ore 12,30 circa. Serena e Francesco sono appena usciti dal cancello che avevano varcato pochi minuti prima. Lei si defila, lui fa la foto di rito mostrando la ricevuta dell’avvenuta consegna del bid book che racchiude il progetto Siena 2019. Poi si scambiano uno sguardo di intesa e si abbracciano.
Sono giovani, stanchi, pallidi e commuoventi. Serena ha seguito il bid book passo dopo passo, correzione dopo correzione, riga dopo riga; lo ha cullato, lo ha limato, ne ha seguito la gestazione, poi ha impacchettato le copie in italiano e in inglese che il taxi magenta ha portato stamani fino a Roma. Quel bid book, dicono all’unità di candidatura, è prima di tutti gli altri figlio suo. Ma è Francesco che ha firmato i documenti di consegna e che stamani i giornalisti cercano per intervistare. Perché aveva firmato la consegna della prima fase, quasi un anno fa, ed era andata bene e così tutti insieme hanno deciso che toccava di nuovo a lui: squadra che vince non si cambia.

Eppure Francesco pare imbarazzato, magari pensa che stavolta doveva toccare a Serena. Che stava a lei l’onore, dopo tutti gli oneri. Eppure lei non è mica arrabbiata, invece. Si abbracciano, loro e gli altri, scaricano in un attimo la tensione. Il bid book è consegnato, è un gran bel passo per Siena2019 e per questi ragazzi che vivono ‘murati’ dentro il Santa Maria della Scala – il bunker – da mesi.

Roma, via Milano, sede del Mibac, venerdì 5 settembre, ore 12,30 circa. In questa cartolina ‘privata’ che ho avuto la fortuna di osservare si racchiude tutta la giornata di oggi. Una giornata intensa, emozionante, faticosa, chiassosa. Una giornata di festa e di gioia, di consapevolezza, di appartenenza. Una giornata leggera, ma non di leggerezze. La cronaca ve la faranno tanti altri, e magari la farò anche io, quella più ‘culturale’, più giornalistica. Questo è un ricordo privato di un privato cittadino che rischiava di perdersi una giornata indimenticabile e che, invece, per fortuna, c’era. Il ricordo che porterò con me.

Perché intorno a questa cartolina c’è un mondo. C’è il traffico di Roma semi paralizzato da 500 senesi in mezzo alla strada. C’è il chiasso festoso e contagioso dei Bandao che con le loro percussioni e le loro magliette rosse hanno aperto il ‘nostro’ corteo magenta, facendoci strada da Piazza Esedra fino a qui. Annunciandoci ai romani incuriositi e straniti, impreparati, inconsapevoli. La realtà è che, forse, impreparati e inconsapevoli lo eravamo anche noi 500 finché non ci siamo trovati lì, con le nostre magliette logate, a scendere tutti insieme in Via Nazionale. Impreparati e inconsapevoli, non immaginavamo davvero che stavamo dando vita a qualcosa di unico.

La consegna del bid book è un atto formale. Roba di scartoffie, moduli da firmare, una ricevuta da riportare a casa e via. È una formalità da funzionari. Come quei tre che stavano uscendo dal cancello del Mibac, con la loro cartellina sotto braccio, proprio mentre stavamo arrivando noi, col nostro chiasso, la nostra danza, i nostri colori, il nostro rumore genuino e un po’ scomposto. I tre funzionari (arrivati a consegnare il dossier di Perugia, pare) sono spariti in silenzio mentre tutti i dipendenti del ministero si affacciavano alle finestre, i passanti si fermavano a chiedere. “Scusate, cosa sta succedendo qui?”.

Succede che anche solo per qualche ora ci siamo ricordati cosa significa appartenere e crederci. E lo abbiamo fatto con naturalezza, in modo forse un po’ scomposto ma non imposto, chiassoso ma mai blindato, sentito e non fintamente interpretato. È stato bello esserci, percepire l’adrenalina, l’entusiasmo, la gioia, la voglia di stare lì insieme, anche di persone che non si erano mai viste prima e che forse non si vedranno mai più. Un’occasione da burocrati è diventata, idealmente, la festa di una città. E per qualche ora abbiamo assaporato ciò che di bello abbiamo a renderci unici, quando non decidiamo aridamente, o peggio ancora con malafede, di rovinarlo e rovinarci.
È stato bello esserci. Chi non è venuto, ve lo giuro, si è perso un’occasione unica.

PS: Il racconto ‘a modino’ della giornata ve lo faccio domani, giuro. Ora sono un po’ stanchina e sconclusionata, abbiate pazienza.

PS2: Le foto, non tutte ma parecchie, le trovate sul mio Twitter. E su quello di tanti altri!

PS3: Diretti interessati, perdonatemi. Eravate troppo belli perché poteste sfuggirmi…

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2 commenti

  1. sono fiero e orgoglioso di esserci stato in questa manifestazione unica con la mia comunità perhe siena e anche nostra !!!

  2. Brava! Perfetta interpretazione dell’atmosfera e delle emozioni che anche io ho avuto la fortuna di vivere in questa giornata “storica!”

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