Partiamo da un presupposto: io ADORO ‘Amici Miei’. Lo conosco a memoria, tutti e tre gli episodi. E adoro – troppo facile dirlo – Mario Monicelli, una delle più intelligenti e acute espressioni del nostro cinema e della cultura italiana. Ogni volta che penso a lui – a quel film, ai suoi protagonisti, a tutte le volte che ho visto e rivisto quelle memorabili scene (lo strozzino, il vedovo, l’alluvione a Firenze, la Via Crucis) – non posso fare a meno di sorridere e, allo stesso tempo, riflettere su quanta lucidità e quanta maestria ci siano volute per tratteggiare quel perfetto ritratto di noi italiani.
Questa volta, però, sentire citato Raffaello Mascetti non mi ha fatto ridere. Anzi. Perché il meraviglioso conte interpretato da Ugo Tognazzi, vero professionista della supercazzola, stavolta è stato una grande mancanza di rispetto nei confronti di quel popolo italiano di cui Monicelli si è curato fino alla fine dei suoi giorni.
Raffaello Mascetti è una delle ‘preferenze’ del primo (vano) scrutinio per le elezioni odierne del Presidente della Repubblica; bravissima la presidente della Camera, Laura Boldrini, a non tradire nemmeno una piega della bocca mentre leggeva quel nome al microfono, durante lo spoglio, tra Franco Marini e Stefano Rodotà. Qualcun’altro si è talmente divertito con questa storia delle schede nulle da aver votato Valeria Marini, Veronica Lario, Santo Versace. Da un momento all’altro mi aspettavo di sentire chiamare Batman o Grande Puffo, come succedeva in terza liceo, quando si votavano i rappresentanti di classe.
Bene. Anzi male. Malissimo. Detesto la superficiale stupidità, l’ironia facilona da bar sport con cui certi parlamentari dimostrano di affrontare il tema delle elezioni al Quirinale (e qualsiasi altro tema venga loro affidato, in realtà). Perché può darsi che loro non se ne siano accorti – impeganti come sono a cercare accordi alla bouvette, a mettere in atto scherzi, frizzi e lazzi mentre nella notte cercano il modo di spartirsi le poltrone – ma qua fuori c’è un Paese alla deriva. Un Paese già quotidianamente vittima della loro supercazzola.
Un Paese che guarda a questo prossimo Presidente della Repubblica con grande speranza. E attesa. E che dovrebbe pretendere che – pur non essendo d’accordo sui nomi, sulle proposte, sulle strategie – i rappresentanti mandati dai cittadini all’interno delle istituzioni portassero almeno rispetto al loro ruolo costituzionale. E se vogliono citare Amici Miei o, che ne so, fare un aeroplanino di carta con il giornale o attaccare un cartello sulla schiena di qualcuno con scritto ‘prendimi a calci’ possono trasferirsi, a loro scelta, all’asilo, alla bocciofila o all’ospizio in campagna. E lasciare spazio a chi ha voglia e di pensare al Paese. Ché, quando vogliamo ridere, decidiamo da soli come e dove farlo.