Mi chiama la Questura. Dopo quasi due mesi vogliono che vada a ritirare ‘effetti personali’ che hanno ritrovato. Scatole di gioielli, certificati, una carta di credito scaduta intestata a mia mamma, due pantaloni rimasti nella borsa che avevano preso per portare via il malloppo.
Li hanno ritrovati a poche centinaia di metri da casa mia, grazie alla segnalazione e al senso civico di un cittadino che aveva notato quella roba strana, nel posto sbagliato. Ironia del caso, la sera prima che io facessi la denuncia. Lui aveva trovato ‘i resti’ prima che io mi accorgessi dell’irruzione. A dimostrazione che chissà quante ore è stata aperta, casa mia; sventrata, sbuzzata, sfondata, violata, rovistata e poi abbandonata a se stessa e chi se ne frega di cosa (altro) poteva accadere.
Questa chiamata riapre una ferita. Li vedo di nuovo, frugare tra le nostre cose, violare i nostri spazi e la nostra memoria. Arraffare, scegliere come sul banco di un mercato quello che meglio poteva rappresentare i loro interessi. Toccare, sporcare, violentare l’intimità e gli affetti. E poi li vedo fuggire nei campi, come topi nella notte. Come vigliacchi, come parassiti. Li vedo fermarsi sul ciglio di una strada a scaricare ciò che non serve, che non ha valore, che non ha peso. E portare via, invece, quello che per loro non ha memoria.
Quelle scatoline abbandonata nei campi, lasciate lì in una notte di settembre e oggi di nuovo – inutilmente e teneramente – tra le mia mani, riaprono una ferita sciocca e altrettanto inutile. Le persone non sono mai negli oggetti.
Ma la mia maledizione continua, con più forza e più rabbia. Io vi maledico. Maledico voi che delinquete per semplice intenzione. Voi che non avete mai cercato, né voluto, una strada diversa per la vostra miserabile vita. Maledico la vostra pochezza d’animo, la vostra ingordigia, l’avidità che non vi spingerà comunque a vivere una vita degna di questo nome e la vostra pigrizia o incapacità o miseria intellettuale che vi rendono capaci solo di questi atti, perché nient’altro nella vita vi sarà concesso di raggiungere o costruire.
Dicono, la crisi ha cambiato le persone. Aumentano i poveri e aumentano i reati. No. Non è vero. La gente per bene resta gente per bene. E chi è vittima della crisi, al limite può portare via cinque scatole di pasta dallo scaffale di un supermercato, vergognandosi anche se nessuno se ne accorge.
Voi siete diversi. Voi siete bestie che non meritano il mio rispetto. Perché voi – come gli altri, tutti gli altri – non avete rispetto. Per la vita, per la giustizia, per la normalità, per gli affetti, per il lavoro. Volete qualcosa e andate a prendervelo. Senza dover sudare. Senza dover combattere. Senza dover costruire.
Questo caso non sarà mai risolto. Né i tantissimi altri con cui le forze dell’ordine italiane hanno a che fare ogni giorno. Non ci ho mai sperato, neppure per un attimo.
Ma io vi maledico.
Per sette generazioni passate e future. Nella giustizia divina non ci ho mai creduto, in quella terrena faccio fatica. La maledizione è l’unica (magra) soddisfazione che mi resta.