In Valdorcia un anello sulle orme del Gladiatore

Chi di noi non ha desiderato, almeno una volta, di essere il protagonista di quel film tanto amato? Abitare gli stessi luoghi, respirare le atmosfere, camminare sulle stesse strade che ci hanno entusiasmato attraverso le pellicole o le serie tv? Entrare, letteralmente, dentro l’inquadratura, essere parte dell’immagine che abbiamo sempre guardato dall’esterno?

È per questo potere ancestrale e immaginifico della narrazione che vuole farsi realtà che il cineturismo sta vivendo negli anni Duemila un vero e proprio boom. Lo sanno bene i luoghi che hanno ospitato le avventure inglesi di Harry Potter o la Nuova Zelanda del Signore degli Anelli, la New York di Sex & the City, ma per restare in Italia anche la Napoli dell’Amica geniale o la Sicilia di Montalbano.

La strada dei “Campi Elisi” prima di Pienza

La Valdorcia non è da meno. Scelta nei decenni da autori e registi, è diventata man mano sempre più protagonista, anziché semplice sfondo. Ha assorbito l’aura mitica o romantica o sorprendente di quelle storie e l’ha moltiplicata all’infinito, raccogliendo milioni di viaggiatori desiderosi di immergersi in quel panorama. Ad esempio, tra quei “Campi Elisi” immortalati da Ridley Scott nel suo “Il Gladiatore”, una strada bianca che serpeggia tra i campi di grano, i cipressi a puntellare ogni curva, mentre una mano accarezza le spighe: è Massimo Decimo Meridio con il volto sofferente di Russel Crowe che “torna a casa”. Siamo in Valdorcia, appunto: tra Pienza e San Quirico, nel cuore di un territorio che è patrimonio Unesco dal 2004, in uno scenario di bellezza commovente.

L’anello del Gladiatore

Questo trekking – che potremmo chiamare proprio “l’anello del Gladiatore” – ripercorre in 16 chilometri i luoghi simbolo del film ma amplia l’orizzonte, regalando un’esperienza immersiva ci fa assaporare la Valdorcia con lentezza e in silenzio. Camminare in questa zona significa essere dentro la cartolina che hai nel tuo immaginario: questo itinerario è come un riassunto della Valdorcia, si vede l’intervento dell’uomo, la trasformazione di un territorio che era avverso, le colline lavorate e i cipressi che non erano autoctoni. I calanchi e le biancane sono stati modellati: qui gli agricoltori sono gli architetti del paesaggio.

Il nostro punto di partenza è a San Quirico, uscendo dal paese verso sud-est: è un percorso per lo più su strade bianche, tra i campi coltivati e i casolari ristrutturati, olivi, cespugli di ginestre e con lo sguardo che può spingersi fino al Monte Amiata, la rocca di Radicofani in lontananza e Pienza che, già dopo pochi chilometri, compare sul poggio di fronte a segnare la direzione. La scelta di affrontare il percorso in questo insolito senso antiorario ci porta alla famosa scena dei “Campi Elisi” dal basso: la strada che compare nei sogni del Gladiatore, dunque, è in salita… ed è una bella salita, un chilometro e mezzo con 150 metri di dislivello ma vale davvero la pena. L’arrivo a Pienza è segnato dalla Pieve di Corsignano: un luogo di meditazione e quiete che pare immerso in un altro tempo.  

Pienza, il fascino senza tempo vittima dell’overtourism

Prima di riprendere la strada, Pienza vale sempre una visita: voluta da Pio II come “la città ideale” anch’essa è stata set per moltissimi film, dal Paziente Inglese al Romeo e Giulietta di Zeffirelli. Certo, l’assedio dell’overtourism non aiuta: bisogna farsi spazio tra le comitive troppo chiassose e i negozi nati a loro servizio, ma il fascino di questo luogo non è in discussione. Perché se riesci a dimenticare l’assedio della folla, ti accorgi che qui il paesaggio non è cartolina ma identità vera, anima che esiste e resiste, che combatte per non spegnersi nell’omologazione.

Laggiù in lontananza, Pienza

È tempo di tornare indietro. Dalla Pieve di Corsignano inizia il percorso a ritroso, tenendo stavolta la destra su una strada bianca e morbida che ondeggia con l’andare delle colline. L’altro caposaldo di questo tracciato è poco lontano: la Cappella di Vitaleta, preziosa, intima cappella romanica incastonata tra due file di cipressi. Non è bastato chiudere alle auto l’ultimo tratto: la sbarra è comunque troppo vicina perché possa riuscire a custodire il silenzio di cui questo luogo avrebbe bisogno e camminare sulla strada bianca che porta a Vitalità significa, spesso, essere immersi nelle nuvole di polvere sollevate da auto e addirittura pullman turistici.

La cappella di Vitaleta era arricchita da una statua della Vergine, in terracotta invetriata, realizzata da Andrea della Robbia che oggi è conservata a San Quirico. Pare impossibile crederlo ma, quando la terracotta fu definitivamente trasferita, la cappella fu abbandonata e poi demolita: quella che vediamo oggi è il frutto di un restauro e di una riprogettazione completa effettuata nell’Ottocento da Giuseppe Partini. Il suo fascino quieto (quando si ha la fortuna di essere in pochi) è immutato.  

La Cappella di Vitaleta

Un ultimo set prima dell’arrivo

Lasciata alle spalle Vitaleta, il nostro trekking torna verso San Quirico ancora su strada bianca, con un discreto saliscendi… e un altro set. All’incrocio con la provinciale, infatti, basta voltarsi a destra per scorgere il famoso doppio viale dei cipressi che porta al grande cancello e alla “casa del Gladiatore”: è, in realtà, l’azienda agricola di Poggio Manzuoli dove fu girata la scena straziante dell’uccisione della famiglia del protagonista. È paradossale, raccontando gli abitanti di questo angolo di Valdorcia, ma il Gladiatore è tornato negli ultimi anni, è molto più di moda ora di quando uscì il film: è una sorta di effetto Instagram. Che per la Valdorcia, secondo me, più che un valore aggiunto è una sciagura .


Caratteristiche tecniche

  • Partenza: San Quirico d’Orcia (Pienza e ritorno)
  • Lunghezza: 16 chilometri (circa)
  • Difficoltà: semplice
  • Fai attenzione a… il caldo: è praticamente sempre esposto al sole!
  • Punti di ristoro: a Pienza in paese (ci sono anche bagni pubblici); alla Cappella di Vitaleta c’è un bar ristorante; non si trova acqua lungo il percorso.
  • Traccia GPS: puoi scaricarla qui

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