Il PD liquefatto

Dunque, la ‘faida’ si è consumata. Ma più che un fratricidio – tutto interno – sembra di aver assistito a una congiura di popolo; la città ha fatto fuori i potenti. O, almeno, ha dato un segnale di volerci provare. Forse.

E’ questa, infatti, una delle (provocatorie) letture possibili delle primarie del PD che hanno designato, ieri, la candidatura a sindaco di Siena di Bruno Valentini. Il sindaco di Monteriggioni, renziano doc e della prima ora che – proprio come il suo giovane e illustre ‘maestro’ – ha impostato campagna e immagine sulla discontinuità e il rinnovamento. Fin troppo facile, forse, in una città come Siena piegata dagli scandali, dalla malagestione e oscurata dal groviglio di poteri che (pare) ne ha minato pericolosamente le fondamenta. Il PD ‘di apparato’ d’altronde non si è giocato bene le carte.

Prima ha dovuto rinunciare all’ex sindaco Franco Ceccuzzi – scelto di nuovo per tentare di ripartire laddove la bocciatura del bilancio comunale ne aveva dissolto la Giunta, un anno fa, consegnando la città a un commissariamento straordinario e ‘silurato’, poi, da un avviso di garanzia per il crac del pastificio Amato, a Salerno. Poi ha tentato per settimane di trovare un candidato ‘di prestigio’ che evitasse nuove primarie (e, dicono i cattivi, mettesse nell’angolo Valentini che invece le chiamava a gran voce), con l’unico risultato di buttare nella mischia e bruciare nel giro di mezze giornate una dozzina di nomi, solleticando noiosamente la pancia di una città già parecchio scocciata e incattivita. Infine ha puntato tutto su Alessandro Mugnaioli, ex assessore e uomo di fiducia di Franco Ceccuzzi, esemplare esponente della continuità, messo in pista all’ultimo momento e sostenuto chiaramente – e non sempre con totale eleganza – dal ‘partito’. Inteso come blocco unico.
Che alla fine, forse, gli ha fatto peggio che meglio.

Perché nell’era del tiro al piattello e della ricerca di colpevoli a tutti i costi, non paga stremare la sopportazione dei cittadini, piegandola alle dinamiche di partito. Lo ha capito bene il PD nazionale, a proprie spese, quando si è praticamente liquefatto nella bagarre dell’elezione del Presidente della Repubblica, sotto i colpi dei franchi tiratori e allagato dalle ingiurie del ‘popolo’.

A Siena il copione si ripete. Valentini è riuscito nella strategia, chiara fin da subito e mutuata dal mentore fiorentino: portare a votare alle primarie elettori di centrosinistra non necessariamente iscritti al partito. Solleticare il malcontento (solitamente terreno di caccia del M5S), coagulandolo su di sé; si diceva “se vota tanta gente, vince lui; se ne vota poca, Mugnaioli ha vita facile”. E così è andata.

Tempi duri per il Pd. In Italia come a Siena. Al Quirinale ci si affida al Napolitano-bis, nella città del Palio oltre 4600 persone votano alle primarie (il doppio di quelle di gennaio, in cui l’aveva spuntata Ceccuzzi) e scelgono Valentini, con quasi 500 voti di scarto e circa 10 punti di percentuale. Gridando così che delle decisioni imposte dall’alto, delle scelte strategiche dei partiti, degli accordi non sempre evidenti la gente è stufa. Stufa marcia.

Ora ci sarà da vedere se il sindaco di Monteriggioni – dipendente Mps, quasi 10 anni di amministratore pubblico e 30 di militanza nella sinistra anche sindacale – potrà essere davvero l’uomo del cambiamento. E se il PD manterrà la promessa: sostenerlo in toto, per andare a vincere le elezioni, magari (miracolosamente) al primo turno. La storia è ben lontana dall’essere scritta. E le cinque settimane che attendono Siena saranno tutt’altro che pacifiche. Otto i candidati ai nastri di partenza. E parecchi hanno già iniziato a sparare a ‘alzo zero’.

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