Saranno contenti, finalmente, i senesi ‘puristi’: nel Drappellone ci sono i cavalli. E anche la Madonna e le bandiere e le impronte degli zoccoli sul tufo. La tradizione è salva.
Con buona pace dell’arte.
E’ stato applaudito, nel Cortile del Podestà, il Palio realizzato da Claudia Nerozzi, con un’accoglienza ben più calda di quella che Siena ha riservato – negli anni – a maestri di alto calibro. Ma non è in discussione, adesso, il valore – o l’assenza di valore – dell’opera in sé. Qui è in discussione, semmai, il valore della scelta che ha portato la città fino a oggi pomeriggio. O, per meglio dire, della catena delle scelte (scellerate), ché la responsabilità non ricade solo su uno.
Andando a ritroso, l’incarico è stato affidato alla Nerozzi dal commissario straordinario Enrico Laudanna in pieno stile ‘commissariale’: ovvero, massimo risultato con il minimo sforzo. Scarsamente interessato – come ha dimostrato in più occasioni – alle sorti di Siena, non si è posto il problema di cercare un artista all’altezza del compito: semplicemente ha ripreso in mano il concorso per i bozzetti bandito nel 2012 e richiamato chi era stato menzionato, alle spalle del vincitore. E via, quindi, con il doppio incarico a Claudia Nerozzi e al duo Rigacci-Olmastroni, per agosto.
Un passo indietro, allora, torniamo a quel concorso. Bandito con leggerezza dal Comune quando all’assessorato alla cultura c’era una delle poche collezioniste di arte contemporanea che Siena possa vantare. Che avrebbe, magari, potuto avvicinare, incuriosire o addirittura convincere artisti di calibro internazionale. Si preferì optare – ex sindaco Ceccuzzi in testa – per un concorso, e qui sta la prima scelta opinabile. Cui seguì quella della giuria – di addetti ai lavori non esattamente centrati sul contemporaneo – che decise di premiare, dietro allo scontato Carli, appunto anche la Nerozzi. Tralasciando bozzetti ben più interessanti o – se non vogliamo farne una questione estetica o di gusto – artisti più esperti e quotati.
Una dietro l’altra, dunque, una catena di decisioni che hanno sostanzialmente un vero, grande nodo irrisolto: la presuntuosa autoreferenzialità di una città in cui si è scarsamente predisposti a chiedere aiuto, cercare collaborazione, guardare altrove.
Infatti, benché Siena abbia istituzionalmente rinunciato all’arte contemporanea – ponendo la pietra tombale sul fu Palazzo delle Papesse – è ancora ricca di persone e professionisti che, per lavoro o per amore, vivono il contesto contemporaneo, attingendovi a piene mani. Diversi artisti, attivi nel panorama nazionale; collezionisti colti e capaci; almeno due o tre impavidi e un po’ incoscienti galleristi; un istituto privato che porta studenti da tutto il mondo (leggi alla voce Siena Art Institute). E potremmo continuare. Insomma, di gente che si interessa all’arte contemporanea, che la conosce e la riconosce, che incontra e si confronta con gli addetti ai lavori e che, magari, gira pure per le fiere internazionali, ce n’è anche a Siena. E potrebbe addirittura essere felice, disponibile e pure orgogliosa di mettere i propri contatti e le proprie esperienze al servizio della città, se questa chiedesse collaborazione.
Perché il Palio a Siena è, certo, tradizione, emozione, viscere e radici. Ma è anche il baluardo della cultura e il primo volto del turismo, ovvero i due principali volani dell’economia cittadina. E allora forse – in questo momento nero, di crisi reale e di immagine che Siena sta attraversando – doveva essere (anche) questa un’occasione da cogliere per rilanciare il ‘volto bello’ della città. Per dimostrare che questa ha ancora un’energia vitale e autentica. Magari chiedendo a un grande artista di legare il proprio nome, la propria opera, la propria credibilità proprio al Palio. E quindi a Siena. Per creare un connubio di tradizione e contemporaneità che ci (ri)portasse addosso la luce interessata e benefica di chi si occupa, davvero, di cultura. Per ampliare lo sguardo fuori dalle mura e riportare la città al centro di un network di professionalità e talenti. Per sfruttare al meglio, insomma, le opportunità offerte dalla crisi di oggi e iniziare a spargere, con dedizione e pianificazione strategica, i giusti semi per domani.
Claudia Nerozzi è giovane ed ha passione. Avremmo potuto darle il tempo e il modo di formarsi, crescere, imparare e confrontarsi con il mondo dell’arte contemporanea, prima di metterla di fronte a un’esperienza complessa, pesante e (teoricamente) delicata come realizzare il Drappellone.
E nel frattempo avremmo potuto e dovuto pensare – anche attraverso l’arte, attraverso il Palio – al bene di Siena, anziché rinunciare, senza alcun rimpianto, all’occasione di mettere sul tavolo del confronto culturale un nuovo spunto, una nuova lettura, una nuova spinta di energia.
Tempo fa si ‘chiacchierava’ – ma erano e resteranno solo indiscrezioni – che nei progetti dell’ex assessore Cresti ci fosse l’idea di coinvolgere ‘gente’ come Kounellis, Baselitz o Kiefer. Ma viste le reazioni entusiaste dei contradaioli, forse è meglio così. Perché è altamente probabile che, sulla seta, non ci sarebbero stati trionfi di cavalli e impronte di zoccoli sul tufo.
cara giulia non sono completamente d’accordo, non basta avere i soldi per comprare opere di artisti da “mercanti” d’arte per essere considerati veri collezionisti. Per quanto riguarda il concorso fu istituito negli anni sessanta da indire ad ogni nuova nomina del sindaco e doveva essere un’occasione per far conoscere il tessuto creativo locale. Anche la scelta di far eseguire il drappellone per il Palio di Luglio ad un artista senese e quello di agosto ad un artista non locale aveva una sua logica tradita solo dal fatto che i clientelismi hanno sempre il sopravvento sulla logica e la ragione. Il problema è che i soliti interessi di parte hanno stravolto tutto. Perchè a Siena non esiste uno spazio “pubblico” che dia spazio ai giovani artisti? Forse perchè non gliene frega niente a nessuno o perchè le scelte politiche si scontrano con quello che dovrebbe essere il comune interesse? Negli anni ottanta, per dieci anni IL PRISMAmultimedia nella sua sede del Casato di Sopra, autogestito, ha ospitato “giovani” artisti senesi oggi divenuti famosi. Il Comune di Siena dov’era? Negli anni settanta, tanto per ricordare un aneddoto, Giorgio de Chirico interpellato per eseguire il Palio di agosto rifiutò l’incarico…