Ultimo giro di boa. E’ lunedì. Suona oggi la campana dell’ultimo chilometro, l’ultima settimana di questa campagna elettorale per le amministrative senesi targate 2013. Forse l’aspetto migliore e più rasserenante è proprio questo: tra pochi giorni si spegnerà il chiasso della peggiore campagna elettorale degli ultimi tempi. E non solo perché incastonata nell’era più buia e nefasta della storia cittadina, ché altrimenti – tutto sommato – sarebbe anche comprensibile.
Questa campagna è da dimenticare perché segna il momento culminante della vittoria delle parole sui fatti, delle urla sui progetti, delle accuse incrociate sui programmi di sviluppo. Complice (anche) lo ‘psicodramma’ del Partito democratico – erede di quella sinistra che qui governa da sessant’anni – che, tra balletti e primarie, ha annunciato il candidato sindaco a tempo quasi scaduto, relegando la vera discussione elettorale alle ultime 4 settimane; e complici (altrettanto) gli altri candidati che hanno preferito aspettare alla finestra, invece di affondare il colpo quando il concorrente principale pareva spaesato.
Tant’è. In queste ultime settimane abbiamo ascoltato poche idee, pochi progetti, poche proposte concrete per disegnare la città del futuro, tutti immolati sull’altare dello scontro, dell’accusa degli uni contro gli altri, del cicaleccio e delle lamentele più adatti a un asilo che si contende la merenda che a una classe dirigente consapevole di dover affrontare una stagione ancor più dura di quella in corso. E, forse anche per questo, alla campagna elettorale è mancata la partecipazione dei cittadini. Come se la gente – la gente ‘qualunque’ o la poca rimasta fuori dall’infornata dei quasi 500 candidati al consiglio comunale – non avesse più voglia di partecipare, da semplice comparsa, a uno spettacolo allestito da altri e ad uso e consumo degli stessi protagonisti.
E poco importa se, in questa ultima settimana, ognuno mette in piazza i propri big. Due giorni fa l’ex ministro Giorgia Meloni ha rilasciato un’intervista a sostegno del proprio candidato. Questo pomeriggio il neo eletto segretario Pd, Guglielmo Epifani, è arrivato a Siena a tirare la volata al candidato della coalizione di centrosinistra. Giovedì calerà sulla città del Palio Beppe Grillo, pronto – c’è da scommetterci – a sparare (ancora) sul Monte dei Paschi, diventato ormai sport nazionale. E si attende anche Matteo Renzi che, proprio qui, venne a chiudere la propria campagna elettorale per le primarie di partito. Prese il 56% al primo turno, ma non bastò.
La presenza dei big al ‘servizio’ della piccola città di provincia ci ricorda – come mai prima d’ora – di come questo angolo sperduto del Paese sia (ancora) al centro di un intricato crocevia. Un incrocio di poteri, di strategie, di pressioni e frizioni nazionali che qui si amplificano, si frangono, si riflettono. Eppure, al tempo stesso, la sensazione è che – mai come adesso – questa calata della politica nazionale passi totalmente inosservata. Che non riesca a spostare umori, né amori. Figuriamoci voti. E che, stavolta, la città non voglia limitarsi ad essere passivo specchio e stagno di decisioni prese altrove e da altri.
Ancora sei giorni. E poi – appare sempre più probabile – due settimane per il ballottaggio.
Che, se accadesse davvero, avrebbe tre letture fondamentali, prima ancora di capire il vincitore. La prima: la ‘sconfitta’ di una sinistra costretta, per la prima volta, a sudare in una sfida faticosa e affannata. La seconda: la ‘sconfitta’ di un’opposizione che non ha voluto o saputo affondare i denti, nella prima vera occasione di impossessarsi del governo cittadino. La terza, infine: il ‘mercato delle vacche’ che si scatenerà con otto candidati sindaco e sedici liste, ognuno alla caccia di un piccolo posto al sole, in cambio di una manciata di preferenze.
Comunque vada, c’è poco da stare allegri.